Sei passi nel vuoto

Uno. Il respiro si spezza mentre chiudo la porta di casa. Il cuore galoppa, le mani sudano. Non c’è motivo, ma è lì. Sempre lì. Il petto si stringe, l’aria si accorcia. Cammino, ma sento di non toccare terra.

Due. Il supermercato è un labirinto. La luce al neon pulsa sulle tempie, la fila alla cassa è una trappola. Mi scivola il cellulare dalle mani, qualcuno mi guarda. Ora svengo, ora muoio. No, non muoio. Ma tremo.

Tre. La notte è un nemico. Il silenzio amplifica Continua a leggere

Simone si sveglia ogni mattina con un pensiero ossessivo nella testa. Ha chiuso la porta? Il dubbio lo attanaglia. Ha spento il gas?  Costringendolo a ripetere ogni azione più volte, un sintomo del disturbo ossessivo-compulsivo. Ha controllato il telefono?

Oggi, però, l’ansia si fa più intensa. Il pensiero si insinua sottopelle, più opprimente. “E se stessi impazzendo?”.

Si veste con la solita meticolosità, ma le mani tremano mentre abbottona la camicia. Le dita scorrono sui bottoni in cerca di conferme. Il battito accelera, la mente si riempie Continua a leggere

la colonna rotta

Marco entrò nello studio medico stringendo la cartellina con gli esami sotto il braccio. Da mesi conviveva con quel fastidio al petto, una morsa che compariva all’improvviso, soprattutto la sera, quando il silenzio prendeva il posto delle mille distrazioni della giornata.

«Allora, vediamo un po’…», disse il dottore sfogliando gli esami. Li controllò uno per uno con attenzione, accennando di tanto in tanto un piccolo cenno di assenso. Quando chiuse la cartellina, si tolse gli occhiali e lo guardò con un’espressione seria ma serena. Continua a leggere

Claudia si svegliò ancora una volta con la sensazione di essere intrappolata in un vortice che non riusciva a fermare. Ogni giorno sembrava portare con sé un nuovo conflitto interiore, un’onda travolgente di emozioni che la spingevano da un estremo all’altro. Si sentiva come se non avesse mai il controllo della sua vita, costantemente sopraffatta da stati d’animo che cambiavano da un momento all’altro, da un’allegria incontenibile alla tristezza più buia. I suoi rapporti, soprattutto quello con gli altri, si sgretolavano come castelli di sabbia: una parola di troppo, un silenzio non compreso, e tutto crollava.  Continua a leggere

Lo osservo mentre scorre lo schermo del cellulare con il pollice, come ipnotizzato. Il viso illuminato dalla luce fredda, gli occhi fissi su qualcosa che cambia troppo velocemente perché io possa capirlo. Video, immagini, forse messaggi. Ogni tanto sospira, poi chiude tutto di colpo e blocca lo schermo, come se si fosse improvvisamente stancato. Ma dopo pochi secondi lo riaccende e ricomincia.

Mi siedo accanto a lui sul divano. “Cosa guardi?”

“Niente.”

Solita risposta. Da mesi sembra che niente abbia più un nome, un colore, un sapore preciso. Niente amici, niente uscite, niente voglia di fare. Continua a leggere

La stanza senza porte

Ogni mattina apro gli occhi e mi aspetto di vederla comparire sulla soglia della mia stanza, come faceva sempre. Il silenzio è un vuoto che mi schiaccia il petto, un’assenza che mi segue ovunque, come un’ombra. Gli amici parlano, ridono, e io sorrido per non sembrare fuori posto, ma dentro sento solo una nebbia densa. Le notti sono ancora più pesanti; i ricordi si aggrovigliano e il sonno diventa un lusso che non mi concedo più.

Cerco di riempire le ore con mille attività, ma nulla sembra bastare. È come se fossi intrappolata in una stanza senza porte, con i muri che si avvicinano sempre di più. I suoi oggetti sono ancora lì, al loro posto, come se il tempo si fosse fermato, ma il mondo intorno continua a muoversi, incurante del mio dolore.

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Andrea sa esattamente cosa fare. Lo sa sempre. Gli altri sembrano impantanati nelle loro insicurezze, ma lui no. Ha imparato presto che nella vita contano la determinazione, il controllo, la capacità di adattarsi senza farsi coinvolgere troppo.

Eppure, ogni tanto, qualcosa si inceppa.

Quella sera, a cena con amici, ascolta le loro storie, ride nei momenti giusti, interviene con battute brillanti. Tutto fila liscio, finché qualcuno non gli chiede: “E tu come stai?”

Un attimo di vuoto. Una frazione di secondo in cui non trova la risposta. Non perché non voglia dirlo, ma perché davvero non lo sa.

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Oggi Luca si è svegliato con la sensazione di non essere del tutto reale. Si guarda le mani, muove le dita: ci sono, eppure sembrano distanti, come se appartenessero a qualcun altro. Il mondo intorno ha contorni incerti, come un dipinto su cui qualcuno ha passato le dita per sfumarne i dettagli.

In metropolitana, le voci attorno a lui sono un brusio confuso. Qualcuno ride, e per un istante è convinto che ridano di lui. Si volta di scatto, cercando lo sguardo di chi lo ha deriso, ma nessuno sembra accorgersi della sua presenza. Si sente contemporaneamente invisibile e troppo esposto, fragile come un vetro sul punto di incrinarsi. Continua a leggere

Il mio approccio psicoterapeutico fa riferimento alla psicoanalisi e al concetto di inconscio di Sigmund Freud.

Tra le molteplici teorie che hanno ampliato questo modello, ho adottato quello di matrice neokleiniana delle teorie della relazione d’oggetto, in particolare gli sviluppi di Wilfred R. Bion.

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