Il dolore che non parla
Marco entrò nello studio medico stringendo la cartellina con gli esami sotto il braccio. Da mesi conviveva con quel fastidio al petto, una morsa che compariva all’improvviso, soprattutto la sera, quando il silenzio prendeva il posto delle mille distrazioni della giornata.
«Allora, vediamo un po’…», disse il dottore sfogliando gli esami. Li controllò uno per uno con attenzione, accennando di tanto in tanto un piccolo cenno di assenso. Quando chiuse la cartellina, si tolse gli occhiali e lo guardò con un’espressione seria ma serena.
«Buone notizie, Marco. Gli esami sono tutti nella norma. Il cuore è a posto, i polmoni anche. Non ci sono segni di patologie fisiche preoccupanti.»
Marco lo fissò, confuso. «Ma il dolore c’è. Lo sento davvero. Non può essere tutto nella mia testa…»
Il medico sorrise, paziente. «Nella tua testa no, ma forse nella tua storia sì. Questo tipo di dolore, quando non trova spiegazioni fisiologiche, a volte parla un altro linguaggio. Quello delle emozioni non espresse, delle tensioni accumulate. Può darsi che il tuo corpo stia cercando di comunicare qualcosa che non riesci a dire a parole.»
Marco rimase in silenzio. Un misto di sollievo e disagio lo attraversò. Pensava a tutte le volte in cui aveva ignorato quel peso crescente dentro di sé, alle notti insonni, a quel senso di vuoto che si era fatto strada lentamente.
«Cosa mi consiglia di fare?»
«Potresti valutare di parlarne con qualcuno, uno psicoterapeuta. Non per curare il dolore fisico, ma per ascoltare ciò che potrebbe esserci dietro. Spesso il corpo sa cose di noi che la mente ancora non ha messo a fuoco.»
Marco annuì lentamente. Uscì dallo studio con una nuova consapevolezza. Il dolore non era svanito, ma ora aveva una voce diversa. Mentre camminava per strada, pensò che forse era arrivato il momento di ascoltarla davvero.